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Alle sistematiche distruzioni dei tessuti storici delle città del primo dopoguerra, si è oggi sostituita la volontà di recuperare quanto il passato ci ha tramandato. Il problema è ricco di rischi, perché negli interventi di recupero, proprio per le minori cautele richieste, si favorisce la progressiva distruzione della memoria sostituendola spesso con opere banali, prive di interesse architettonico e conservativo.
Ripercorrendo la propria esperienza, l’autore risale ai punti centrali del dibattito politico e culturale sui principi dell’intervento conservativo sulla città storica in Italia, ponendo l’attenzione su eventi di cui si considera testimone: dai primissimi piani di intervento di Modena e Bologna agli attuali recuperi di Otranto e di Malta.
La diffusione della pratica del recupero è estesa al territorio, alle sue antiche regole e alle sue potenzialità formali: progettare il recupero significa ricercare metodi capaci di orientare l’intervento progettuale concreto, ritrovando ricchezza, fantasia e capacità di interpretare con maggiore libertà.