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La figura mitica di Chirone, il centauro che curando le ferite altrui cura la propria, inguaribile ferita, significa l’ineludibile presenza della lacerazione nella vita: solo la separazione consente che la relazione si esprima in tutta la sua complessa potenzialità. Se la follia è una ferita sempre aperta nel corpo sociale, la relazione con il folle – la relazione che cura – non può essere il semplice recupero dell’unità del soggetto, il ragionevole superamento delle sue contraddizioni. In questi dialoghi, in cui si incrociano categorie filosofiche e prospettive psichiatriche, il punto di partenza è l’impossibilità del nonsenso. Nel grembo del senso l’unità profonda – la relazione – compare come il terzo, come ciò che, pur rendendo ragione di ogni legame, di ogni tensione che attraversa l’esistenza, è destinato a farsi legare nel gioco delle differenze.