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Del folle si dice che è fuori di sé. Ma l’essere-fuori-di-sé non è una condizione naturale dell’esistenza umana? Si dice che non è in grado di comunicare. Ma l’incomunicabilità non è già un messaggio? Riconoscere la contraddizione come stato naturale dell’esperienza umana significa accettare il contrario di quel che ci si aspetterebbe. Accettare l’idea di una continuità illacerabile del linguaggio. C’è un filo infrangibile che cuce tutte le lacerazioni e le divergenze, un filo che lega ogni storia a ogni altra storia e custodisce il segreto di ogni frammento. Qui la filosofia si fa legame dell’intera esperienza. Dove l’abito logico diventa l’espressione in fondo più discreta per parlare di quello che ci avvolge come mistero, mistero della comunicazione anche con ciò e con chi sembra non comunicare o non comunicare più, come con lui adesso. Emanuele Severino ha scritto di questo libro: «Per cogliere il senso autentico dell’altro, il libro di Valent si volge dunque verso i grandi maestri della dialettica, che significa appunto relazione ad altro. Dove però l'”altro” non è mai qualcosa di assolutamente indipendente dalla relazione che lo unisce al “questo”, al “qui”, all’ “esserci”»
Romano Madera