pagine 160 | prezzo 15,00€ | cm 11,5x16,5

Gli innumerevoli naufragi degli ultimi anni al largo delle coste italiane ci restituiscono il tragico rischio che le persone migranti sono disposte a correre per guadagnare la possibilità di un futuro e, al contempo, evidenziano con forza le responsabilità di chi, sulla riva dell’Europa, è invitato a contemplare la propria e l’altrui alterità così da accogliere, cambiare e lasciarsi cambiare.
Questo libro racconta del percorso terapeutico di un giovane uomo, Ouro, del suo viaggio di migrazione dal Togo all’Italia e, soprattutto, del viaggio intimo ed esistenziale intrapreso per avverare la sua “fiaba interiore” − la propria autentica essenza −, per compiere ciò che Jung ha definito cammino di individuazione.
L’idea di psicoterapia che qui si propone è quella di un incontro di storie e di narrazioni, di uno spazio e di un luogo intimi in cui è possibile ri-raccontarsi per tracciare nuovi significati e nuove prospettive.
La psicoterapia sarà uno dei luoghi in cui rivivere il ricongiungimento poetico con l’altro da sé per mezzo del quale è possibile scorgere la sostanza stessa dell’umano.
Il processo terapeutico sarà promosso dalla dimensione immaginale della vita e dalla finzione narrativa creata dalla coppia terapeutica attraverso il Disegno Narrativo Condiviso (Dnc) e grazie al racconto di credenze, riti e fiabe della terra di Ouro.
Per partecipare alla vita bisogna fare di essa un cammino, una migrazione tra luoghi di anima differenti, per contribuire − assieme a coloro che si incontrano − a migliorare il mondo, a continuarne il racconto, ad avverare storie, perché, al fondo, prestare ascolto alla storia di un altro vuol dire rendere la propria reale.


 
pagine 176 | prezzo 12,00€ | cm 14,5,x21

C’è un itinerario nel raro prisma di luce che articola questo bel libro di poesia, un viaggio che non prescinde da quanto è remora al Bene – la caproniana e ricordata res amissa – e può assumere il minaccioso aspetto di un mare in tempesta. Ma l’Arca è lì, nella solidità della sua ingegneria e dell’amore che la muove; lì è la zattera degli esuli che hanno in sorte di sfidare il destino. Ma anche di toccare terra, dove carico di anni attende il padre. Sono figure che non si dimenticano, segnano il cammino, e chiamano a riflettere il poeta «nel plico / di calma coltivata mentre intorno / si sfogliano e cadono i giorni».
Autore di profonda cultura classica, radicato in un Novecento betocchiano, forse ancor più che luziano, Matteo Munaretto ci regala il libro della sua maturità poetica conducendoci con mano ferma e leggera nella “dimora luminosa delle cose”, delle stagioni che ad esse conferiscono i colori, delle idee e degli affetti che ci salvano, fino al miracolo di un paesaggio eloquente per nitore ed esattezza di una versificazione con pochi confronti nella poesia italiana di oggi. Il suo fraseggio, di incantevole musicalità, è infatti nutrito da non comune freschezza metaforica ed eleganza sintattica, affabilità e sprezzatura. E la parola, che cresce in profondità, muove confidente alla radice prima dalla quale ogni cosa prende luce e su cui è dato scommettere, foss’anche quia absurdum: «il cuore – / sì, proprio lui, che vittoria / può mai esserci se non di lì? –». Dalla quarta di copertina di Marco Vitale.

Matteo Munaretto vive e lavora a Pavia. Dottore di ricerca in Filologia Moderna, ha collaborato con l’Ateneo pavese per l’insegnamento di Letteratura italiana moderna e contemporanea; autore di studi sull’opera di Clemente Rebora e di Mario Luzi, è uno dei migliori esponenti della giovane poesia italiana.
Ha pubblicato, entrambi per Interlinea, Arde nel verde (con prefazione di Fernando Bandini, 2010), e Il cielo è dei leggeri (2016).