pagine 176 | prezzo 18€ | cm 14,5,x21

La misura del farmaco è una raccolta di saggi che tratta autori come Cristina Campo, Odisseas Elitis (uno dei maggiori poeti neogreci del Novecento, premio Nobel per la letteratura nel secolo scorso), il filosofo Nietzsche, ma anche figure mitiche come Orfeo, cui si deve – secondo le antiche leggende greche – l’invenzione della poesia.
Gli argomenti spaziano dunque dagli ultimi decenni della poesia europea, vagliata con partecipe testimonianza e fissata in un tempo preciso, fino al mito e all’antica poesia e filosofia greca.
La categoria che accomuna tutti questi temi è quella del pharmakon, il farmaco appunto nell’idea originaria di rimedio e di veleno.
L’intera raccolta gravita infatti sulla dialettica malattia/salute: tra le pagine di questo libro appassionato e vissuto, poesia e filosofia recuperano la loro originaria finalità: sono un rimedio alla sofferenza e al dolore. E sono proprio gli ultimi saggi del libro, quelli dedicati alla poesia neogreca, che ruotano intorno a due aspetti fondamentali del pensiero della Vincentini: il concetto di pathos (di sofferenza) è ricondotto a ciò che è naturale, alla categoria del fisiologico (physis, in greco, significa natura), proprio lì dove il sacro, con parole greche, «splende da sempre».
Per questo il libro trova il suo centro, e il suo senso, intorno a due figure mitiche e simboliche: quella di Apollo, le cui frecce insieme feriscono e guariscono; quella del centauro Chirone (uomo e bestia insieme, secondo il mito), «guaritore ferito» che guarisce proprio perché porta su di sé il peso di una ferita.
Testo sapienziale, ricco di cultura ma aperto al dato esistenziale, La misura del farmaco risulta un libro di immediata lettura, aperto a coloro che esigono dai grandi libri del passato e del presente non dottrina ma prospettive esistenziali, non semplici riflessioni astratte ma orientamenti per la propria vita.

Isabella Vincentini, poetessa e saggista, si è laureata in Lettere classiche presso la Sapienza di Roma, dove vive. Per la poesia ha scritto le raccolte poetiche Diario di bordo (1998), Le ore e i giorni (2008), Geografia minima del Dodecaneso, con testo a fronte in neogreco (2015) e Il codice dell’alleanza (2018). Tra i saggi Varianti da un naufragio. Il viaggio marino dai simbolisti ai post-ermetici (1994) e Atene (2015). In campo psicanalitico, ha scritto Lettere a un guaritore non ferito (2009), in cui si rifà al pensiero di James Hillman e di Eugenio Borgna.


 
pagine 128 | prezzo 14,00€ | cm 14,5,x21

Cos’è che spinge Platone, a un certo punto della sua vita e della sua riflessione, a uscire dall’orbita socratica, ad affiancare al logos altri strumenti di indagine e di conoscenza?
È la sfiducia nella possibilità di conoscere e comunicare la verità, oltre una ristretta cerchia di iniziati?
O il ritorno alla sua iniziale vocazione artistico-poetica, precocemente sacrificata sull’altare del socratismo e dell’impegno politico?
Sono i viaggi che compie all’interno della propria anima o quelli che, morto il maestro, lo portano a Helios d’Egitto, Siracusa, Taranto, Cirene, Megara, nelle terre in cui ancora risuonava l’eco di esseri sovrumani, indovini e oracoli, sacerdoti e profetesse, divinatori e rapsodi, semidei e aruspici, muse e sibille, eroi e poeti ispirati?
È il ricongiungersi con le origini sapienziali, mai veramente abbandonate, del pensiero, con quella mentalità arcaica e misterica che, nonostante l’avvento della filosofia, continuava ancora a nutrire l’anima greca? O il bisogno, fino a una certa età trattenuto dal rigore del ragionamento, di ascoltare leggende, miti e narrazioni?
A partire dall’analisi della Lettera Settima, uno dei pochissimi testi in cui l’autore dei Dialoghi parla direttamente di sé, il saggio racconta la storia di una conversione dello sguardo e del desiderio e lo fa con un taglio essenzialmente letterario, come letterario è stato il talento di Platone.


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