pagine 136 | prezzo 12,00€ | cm 14,5,x21

Stanze della luce del giovane Giuseppe Carracchia è un libro spavaldo, fermentante, immaginoso, che sorprende per la sensorialità accesa delle figure che lo animano, così come per la forza lucida e argomentante dei suoi versi. Un libro che affonda nelle correnti scure del mondo, ma che si volge con una sua dizione nitida, perentoria verso i grandi temi della luce, della gioia, della felicità, segnalati anche negli esergo delle varie sezioni, che andranno intesi come vere e proprie chiavi di lettura dei testi. Ci sono dunque le nobili arti del pugilato, sulle quali la raccolta ha inizio, e ci sono i miracoli della luce, la densità fisica dell’estate, l’abbraccio potente dell’acqua, quando il corpo la fende e sposta, il muto ardore di un cielo mediterraneo: ma c’è anche il riparo di una palpebra, ci sono le forze del vuoto, e tutto ciò che in un verso si sottrae alle virtù del pensiero. E una corrente ritmica che affonda nello spessore archetipico del mondo, nei suoi elementi primi, e si tende linearmente, affidandosi al potere formulare della parola, alla ripetizione a distanza di un’immagine, di un pensiero, o anche – semplicemente – di un nome che s’irradia nella luce pura, tutta verticale, del suo frangersi e inabissarsi. Anche i nomi nuotano, nel mare di questo libro pulsante ed erratico che si avvia a poco a poco a una sua «chiarezza leggera» e ventosa: nomi felici, immersi in una lingua di aranci e di melograni, di limoni e di giardini curati ma non troppo, di salsedine e di isole. Come se il libro, avanzando, si disfacesse a poco a poco del proprio sapere, per cedere al «giusto degli occhi» che si perdono nel gran catino del mondo, e lo sentono, e lo vivono. O forse bisognerebbe dire che il poeta, più si disfa del suo sapere, più si fa antico, e retrocede alle correnti elementari e caotiche della vita che pulsa, e arde, ed è solo vita.

Giancarlo Pontiggia


Tra i capolavori dell’architettura romanica, la millenaria Basilica di San Miniato al Monte di Firenze testimonia una rara ricezione cristiana della preesistente tradizione astrologica. Questo libro propone una lettura psicologica dell’iconografia della Basilica, con particolare attenzione a cinque temi: lo Zodiaco solstiziale nella navata centrale, una vera e propria “macchina filosofica” legata a ritmi quotidiani, annuali ed epocali; la Porta Santa rivolta a Oriente, che richiama quella rinascita interiore a cui tutta la chiesa sembra tendere; il Teriomorfo dell’ambone e gli animali allegorici, ciascuno dei quali è portatore di uno specifico messaggio ermetico; il glifo dei Pesci, icona di resurrezione cristica e vittoria sulla morte; e l’iscrizione segreta pavimentale, che da oltre mille anni accoglie fedeli e visitatori a San Miniato al Monte. Questo complesso simbolismo sembra raccontarci delle angosce millenaristiche dell’uomo medievale per la venuta dell’Anticristo, alla fine di un’epoca del mondo: astronomicamente, la “commissura” o momento di passaggio dell’Equinozio di Primavera dal primo al secondo pesce nella costellazione dei Pesci, lungo il movimento di precessione degli equinozi; ma anche delle sue speranze escatologiche per l’inizio di un nuovo tempo cosmico, colmo di grazia e serenità, profetizzato da Gioacchino da Fiore (l’Età dello Spirito Santo) e, con riferimento all’attesa Era dell’Acquario, intuito da Carl Gustav Jung (“La via di quel che ha da venire”).