Tesi, spogli e traslucidi, incisi nella lingua come aspri e pungenti grani di un moderno rosario, i versi di Tino Di Cicco ci costringono a osservare con occhi impietosi la sordità del nostro mondo all’appello della poesia. Davvero poco importa che molti tra noi considerino i versi dei poeti un “borbottio” di matti o un parlare “in nome di qualcosa/che non c’è”: Di Cicco sa ricordarci che solo la poesia potrebbe, affrancandoci dai nostri limitati punti di vista e dalla nostra schiavitù nei confronti delle apparenze, aiutarci a ritrovare i sentieri interrotti della verità, e in essi il filo segreto che lega l’essere al nulla, il “pieno” al “vuoto”, i fenomeni a ciò che li trascende. Continue reading