pagine 240 | prezzo 20,00€ | cm 14,5x21

Un anno parlato dalla notte rappresenta un processo creatore quasi prima del suo divenire. Dai sogni viene la materia prima: i fili del futuro tessuto che non sono solo sequenze di immagini ma “Sprachbilder”, “immagini del linguaggio”, come li chiama Handke stesso.

In questo libro innovatore il critico letterario, ma anche l’appassionato, potrà trovare collegamenti tra le singole frasi all’interno della stessa pagina o tra quelle contenute in pagine diverse e anche in altre opere di Handke. Quelli che potrebbero sembrare pezzi di una cartina geografica rinvenuti casualmente, messi assieme creano l’immagine di alcuni personaggi e la continuità di temi quali l’amore, i rapporti conflittuali, la natura e il dolore. Quest’opera può però anche venire apprezzata da chi non conosce Handke, poiché conduce il lettore, frase per frase, a una percezione più acuta di sensazioni, sperimentabile anche nel mondo onirico: Un anno parlato dalla notte non comunica solo con la nostra coscienza diurna, ma con questo mondo fantastico retrostante che sta in ognuno di noi. Un mondo col quale non si può trattare con troppa razionalità: “Ehi, sta sognando?” – “Ahimè, le macerie dell’anima. E nessun bulldozer a questo piano…”.

 

Dalla prefazione di Eva Pattis


 
pagine 168 | prezzo 12,00€ | cm 14,5x21

Che cos’è il Mysterium coniunctionis, e perché Giuseppe M. Vadalà si propone di offrircene un “distillato”?

Il Mysterium coniunctionis è l’impresa che impegnò gli ultimi anni della vita di Carl Gustav Jung, la summa delle sue riflessioni sull’alchimia. Un’opera difficile, ponderosa, sovraccarica – come l’alchimia stessa d’altronde, che si presenta come un fiume di simboli, concetti, immagini, da cui si rischia di rimanere sommersi. Eppure qui si cela la base storica della psicologia moderna, da qui sono stati tratti i modelli su cui si fonda la pratica analitica. Giuseppe M. Vadalà, partendo dall’esperienza didattica nell’ambito della formazione degli psicoterapeuti, si prefigge di offrire un “viatico” per chi voglia attraversare l’opera di Jung, seguendone passo passo il percorso in assoluta aderenza al filo del testo originario, ma attenendosi allo stretto indispensabile nelle citazioni dei testi alchemici, e sfrondando tutte le ponderose amplificazioni magiche, ermetiche, gnostiche, esoteriche… È questa l’opera difficile e delicata di “distillazione”, che corrisponde alla domanda: qual è il “succo” che Jung intendeva trarre dalle teorie alchemiche?

La risposta non è nulla di semplicistico. E non esaurisce certo il “mistero” a cui allude il titolo: la trasformazione dell’individuo che avviene attraverso la congiunzione degli opposti, il suo essere originata da un fattore esterno all’Io, e l’unione dell’uomo e della donna. Perché, afferma Vadalà, il mistero della psiche, e del processo alchemico del “solve et coagula”, può dunque essere riformulato come il mistero della vita: perché l’uomo si separa dalla coniunctio dei genitori (e dell’inconscio che genera la coscienza: solve) per cercare una nuova coniunctio (coagula)? Ma citiamo direttamente l’autore: «Chi avesse ireniche (o ironiche) idee sul pensiero di Jung, dovrebbe riflettere sul fatto che su temi biologicamente di un certo rilievo, come quelli del dimorfismo nella specie umana e dell’accoppiamento nella riproduzione sessuata, Jung (che pure si è dato la pena di definire gli archetipi di Animus, di Anima, e di Sé), alla fine della sua vita, nella sua opera summa, associa al suddetto tema della congiunzione l’appellativo di “mistero”. Come dire, a chi ha orecchie, che anche per quanto riguarda gli archetipi elementari e fondamentali, quando si prova ad entrare nel reale che è il loro, non è tanto chiaro come e perché possa avvenire questa unione dei sessi, immagine dell’unione degli opposti: come e perché, di conseguenza, possa avvenire una individuazione. È forse chiarito, fra gli analisti, il mistero di questa unione?». Ecco: il “viatico” che offre Vadalà è tutt’altro che una soluzione bell’e fatta, il “distillato” è tutt’altro che un liquore confortevole. È un invito a un atteggiamento problematico e interrogativo, che corrisponde alle conclusioni che Jung pone alla al termine della sua opera: «Se siamo convinti di possedere una verità definitiva sulle cose metafisiche [come su quelle psicologiche o su quelle fisiche], significa assai semplicemente che alcune immagini archetipiche hanno preso possesso della nostra capacità di pensare e sentire». Il lettore/la lettrice che avrà seguito il sentiero – uno dei possibili! – che Vadalà gli ha tracciato attraverso l’opera impervia di Jung, si sentirà invitato/a a tracciarne personalmente uno: non più attraverso un libro, ma attraverso quella che Jung definisce «la dolorosa oscurità dell’anima umana», ossia la natura conflittuale della psiche.