pagine 168 | prezzo 16,00€ | cm 14,5x21

Carol Gilligan, psicologa e ricercatrice americana, è nota per il successo di Con voce di donna. Etica e formazione della personalità, pubblicato nel 1987.

Un testo che si è posto all’inizio di una rivoluzione dando voce ed espressione alla differenza che segna il sentire delle donne.

Dopo più di vent’anni Carol Gilligan prosegue e approfondisce la ricerca precedente e mette in luce la dura resistenza che le ragazze adolescenti oppongono a un’iniziazione socialmente fissata e culturalmente definita che le vorrebbe assimilate al modello corrente di femminilità. Passive, sottomesse, pronte a dimenticare se stesse per non essere tacciate di egoismo, insensibilità e non diventare socialmente escluse.

Per scoprire la voce più autentica delle ragazze Gilligan usa come sempre l’intervista e l’ascolto. Un ascolto molto particolare che non si limita alle parole, ma prende in considerazione anche il corpo, le esitazioni, gli occhi abbassati, i silenzi significativi.

L’inclinazione a render conto delle relazioni, la vulnerabilità, l’empatia, la cura del vivente sono i valori che le giovani donne esprimono non senza fatica perché si contrappongono agli ideali di virilità, competizione e ricerca del proprio interesse che segnano i canoni riconosciuti.

Seguendo questa traccia, Gilligan apre a una rilettura dei miti greci, da Persefone e Medea fino a Amore e Psiche, dei personaggi letterari, da Lisistrata all’adultera della Lettera scarlatta. Né poteva mancare in questa ricerca il padre della psicoanalisi: infatti l’autrice dedica a lui un intero capitolo e sottopone Freud e la sua teoria a un esame critico accurato e fuori dai canoni.

A conclusione delle sue indagini, Gilligan ha una visione positiva del futuro. Un’etica femminista della cura è parte integrante della lotta per liberare la democrazia dalla stretta del patriarcato, per preservare la crescita, il benessere, le qualità umane  e raggiungere una migliore libertà e capacità di relazione.


Tecnica e capitalismo determinano in misura sempre più decisiva ogni ambito della nostra vita. Mezzi che dovrebbero mettere le società umane nelle condizioni di migliorare la qualità della vita, si sono trasformati in fini che hanno nel potenziamento quantitativo lo scopo ultimo della loro esistenza. Rispetto ad essi gli stessi esseri umani sono diventati mezzi che concorrono a questo accrescimento. Giganteschi apparati di fronte a cui ognuno di noi non può sentirsi altro che la rotellina di un ingranaggio, decidono tutto ciò che di fondamentale gli uomini incontrano nella loro vita: dal divertimento alla comunicazione, dal rapporto con la natura alle disuguaglianze sociali, dall’alimentazione alla coscienza di sé, per non parlare della politica. Nessuna immagine migliore, allora, per descrivere questo stato di cose, di quella dell’apprendista stregone, di un soggetto che, nella pretesa di ergersi a signore del cosmo, si lascia sfuggire il controllo di quegli strumenti con cui doveva realizzare il suo incantesimo. In tutto questo gioca un ruolo fondamentale la scienza che, in modo emblematico, racchiude tanto l’aspetto progressivo che quello regressivo dell’illuminismo. Da centocinquant’anni la filosofia, autentica Cassandra, ha impiegato – da Nietzsche a Marx, da Adorno a Heidegger – molte delle sue energie migliori, a svelare il complesso intreccio, l’inestricabile trama, che la contemporaneità come tale costituisce. In questo libro, a questo tema fondamentale, altri inevitabilmente se ne aggiungono – la relazione dell’Occidente con il suo Altro, le difficoltà della sinistra di fronte a un capitalismo che ha vinto su tutta la linea, la relazione tra massa e potere come dimensione fondamentale della politica contemporanea, la tragedia delle guerre mondiali, il dramma costante dell’Italia e la fragilità della democrazia, il trasformarsi del linguaggio filosofico nel passaggio dall’epoca moderna a quella contemporanea – come quegli inevitabili corollari che al tema principale sono connessi. Ma è sempre il problema dell’apprendista stregone a costituire il fulcro tematico con cui i nostri destini sono implicati e da cui sono condizionati: come perdita di centro e spaesamento prodotti dal nichilismo; come alienazione causata dal capitalismo; come carattere regressivo dell’illuminismo; come dominio planetario della tecnica. Problema che in nessun modo è possibile liquidare con la considerazione relativa alla neutralità dello strumento tecnico che si tratterebbe di utilizzare in senso positivo o negativo.