pagine 209 | prezzo 16,00€ | cm 14,5x21

Stupro e incesto, matricidio e parricidio, incitamento a prostituirsi sono comportamenti irrazionali, incomprensibili, indecifrabili? Per tutti sono inammissibili e condannabili; per i più sono imperdonabili e anche inaccettabili; la maggior parte di noi non li sopporta, né li tollera. Ovviamente non sono giustificabili! Ma siamo proprio certi che non si possano capire, comprendere e spiegare? Che non possano avere un loro “senso”, una loro “ragione”?

Comunemente si ritiene che se una persona arriva a fare una cosa tanto disumana è uno “squilibrato”, e in questo modo non ci si assume nessuna responsabilità. Al massimo si suppone che la causa derivi dal suo patrimonio genetico o dai suoi neurotrasmettitori, dai suoi genitori, dai suoi affetti.

Con questo suo libro Stefano Baratta indica che la psicologia analitica può intendere e aiutare sia chi ha commesso atti di violenza sia chi li ha subiti. E precisa, con un’ampia documentazione, che l’analisi dei sogni – grazie in particolar modo alle amplificazioni dei simboli in essi contenuti – ci fornisce un quadro della situazione psicopatologica in atto e anche indicazioni prognostiche e terapeutiche, oltre che la possibilità di controllare la direzione presa dalla terapia, di valutare i meccanismi di difesa in gioco e di condurre chi ci chiede aiuto lungo la strada che porta alla sua individuazione psicologica: il Sé.


 
pagine 192 | prezzo 17,00€ | cm 14,5x21

La medicina tecnologica sembra divisa tra l’esigenza di rispondere a una metastasi dei bisogni di una società che aspira all’illimitato ed il costante superamento dei limiti di spesa. Questo libro si interroga sulle motivazioni interiori, trascurando deliberatamente le cause tecniche, dell’apparente impossibilità di contenere la spesa nella realizzazione del diritto alla salute. All’interazione tra una bulimia salutistica — posta sul piano inclinato di ogni esercizio tecnico — e le logiche espansionistiche del mercato globale corrisponde un’interpretazione unilaterale del mandato della medicina, la vita. L’autore analizza l’evoluzione della coscienza del medico dagli albori della storia fino ai nostri giorni, avvalendosi del linguaggio dei miti e della propria esperienza negli ospedali. Egli definisce come “complesso di Asclepio” il naturale conflitto di onnipotenza del medico di fronte alla morte, espressione di un’ambivalenza della medicina fin dalle sue origini. Ricco di riferimenti filosofici e psicoanalitici, questo testo denuncia una deriva consumistica della sanità legata allo sfruttamento commerciale della rimozione della morte. La morte rimossa riaffiora sotto forma di ansie e di comportamenti irrazionali all’origine di un enorme spreco strutturale del sistema sanitario nel suo complesso. Nel testo si suggerisce come la riflessione individuale di medici e pazienti possa aprire la strada allo smascheramento del demonismo della tecnica, un primo passo verso la scoperta di quale uomo possa riappropriarsene come mezzo, riscoprendo, come fine, se stesso.