pagine 124 | prezzo 16,00€ | cm 14,5x21

In questo saggio si pone l’attenzione sui segni che muovono forze invisibili, ritenute sovrannaturali, attraverso il magismo del gesto. Ci si aggira analizzando i soggetti che, attraverso pratiche magiche, cercano di esercitare il proprio potere sul mondo. Vengono presi in considerazione soprattutto i gesti di matrice pagana inseriti anche in un contesto veterotestamentario o cristiano. Il potere dei gesti manifesta nelle cerimonie sacrali la forza e la presenza in terra del mondo divino. Gli artisti documentano nelle loro opere gesti utilizzati nei rituali o nella liturgia, e anche in ambito popolare. Se le statue, i dipinti e gli oggetti religiosi sono considerati simboli materiali in cui soggiorna lo spirito del divino, intesi come intermediari nel rapporto sacrale tra gli uomini e Dio, i gesti messi in azione nelle consacrazioni, nelle invocazioni, nella liturgia, nei riti funebri, si possono interpretare come elementi importanti della prassi teurgica. Il teurgo compie i gesti che stabiliscono un contatto con la divinità per attivare miracoli. Questi gesti lasciano trasparire quella terra di mezzo, non totalmente risolta, dove non si capisce fino in fondo se agiscano le credenze superstiziose o la fede indubitabile nel mondo divino, dove il dogma non si mette in discussione ma si compiono ugualmente gesti di matrice pagana o profana. In alcune opere rinascimentali e manieriste la Vergine compie addirittura il cenno delle corna mentre viene annunciata dall’arcangelo Gabriele. Nelle anfore greche il gesto è legato a Dioniso, e nella stessa accezione è compiuto dai soggetti raffigurati sui coperchi delle urne cinerarie etrusche e dei rilievi di Palmira, per allontanare i demoni degli Inferi e per potere accedere nel mondo dei sempre vivi. La Chiesa, che condanna i gesti magici degli stregoni e quelli apotropaici dei pagani, esalta però i gesti miracolosi di Cristo, dei santi e dei personaggi dell’Antico Testamento; impone la sua forza iconologica e rituale affidandosi anch’essa a moduli e tipologie derivate dalle opere di culture e religioni precedenti al cristianesimo.

 


 
pagine 120 | prezzo 13,00€ | cm 14,5x21

Le “pinocchiate” sono quei testi che riprendono, in forme anche molto diverse, il personaggio creato da Carlo Collodi, al secolo Carlo Lorenzini, nel celebre Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, all’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento.

Con Play it again, Pinocchio, Luciano Curreri cerca di tracciare, in seno a un’idea speculare di Novecento e d’infanzia, una storia delle “pinocchiate”: l’inarrestabile ritorno del burattino birichino è un’odissea nutrita di politica, propaganda, pubblicità oltre che di critica, letteratura, cinema, teatro, opera dei pupi, canzonette, fumetto… Dopo averne seguito le tracce in ambito futurista, nel periodo storico dei manifesti e nei dintorni della guerra europea, l’autore prova a circoscriverne un paio di categorie più precise: le “pinocchiate” fasciste e le “pinocchiate” salgariane.

Le prime vorrebbero irreggimentare il burattino, straniandone l’anarchica disponibilità all’avventura, che le seconde, invece, paiono tutelare, superando, almeno in parte, la canonica opposizione Collodi-Salgari della nostra storia letteraria.