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Huius Nympha laci, sacri custodia fontis…
La ninfa. Il suo carattere inafferrabile emerge in questo libro da un excursus in cui si susseguono momenti filosofici e luoghi poetici. La sua figura misteriosa e appariscente si specchia nell’andamento narrativo del testo.
Invasiva e maniacale, attratta verso il basso, mobilissima e incatturabile, di questa piccola semi-divinità è forse possibile reperire una ‘filosofia’ grazie ai concetti platonici di vita e movimento, attribuiti all’anima mundi.
Attraversando la distesa delle sue successive incarnazioni femminili (Kore, Clizia, Arianna…), inevitabilmente si leverà una voce lirica – cantata da Porfirio, Nietzsche, Warburg, Montale… – che condurrà alfine a scorgere la drammatica reciprocità tra Ninfa e Labirinto: tra solitudine dell’anima e luogo del transito e della perdita.
Da sempre incline alla discesa cosmica, questa creatura attraversa oggi un’indubitabile decadenza materiale; ma, quale emblema della Ninfa demonica, riesce ancora a costituirsi come un’inudibile, immanente musica delle sfere: il canto e il moto stesso del mondo.